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Mantenimento del figlio maggiorenne

Nuovi principi di diritto. Cass. Civ. 17183/2020

Mantenimento del figlio maggiorenne: il cambio di rotta della Cassazione.

Un’innovativa decisione della Suprema Corte smantella una quantità di stereotipi giurisprudenziali, restituendo ai figli centralità e riconoscendo loro piena affidabilità (ord. 17183/2020).

A ben guardare, dunque, l’ordinanza, anche se apparentemente sembra penalizzare i figli maggiorenni di genitori separati ponendo un limite temporale al diritto al mantenimento, in realtà in tutte le situazioni ordinarie, numericamente di gran lunga prevalenti, li ricolloca nella posizione di tutto rispetto che compete loro in quanto cittadini a priori affidabili come tutti gli altri e quindi in grado di autogestire le risorse ad essi destinate, così accelerando e facilitando il giusto processo di emancipazione.

Dunque, se qualcuno perde dei vantaggi è solo chi non se li merita; ma per tutti gli altri ci sono solo passi avanti.

Ad una attenta lettura niente altro vuol dire il principio di autoresponsabilità: è un investimento per il futuroscommettendo sui giovani – che lo Stato intende compiere, oltre che un atto dovuto se si vogliono evitare discriminazioni contrarie alla nostra Costituzione.

D’altra parte, volendo cercare di dedurre, senza forzature, l’attuale orientamento della Suprema Corte in merito all’applicazione dell’affidamento condiviso quale può emergere dai contenuti dell’ordinanza in esame, si osserva che, pur mancando una diretta presa di posizione, si riscontra nel testo una serie di impegnative affermazioni, appena appena velate dall’inevitabile garbato rispetto per la giurisprudenza precedente.

Certamente, quindi, non vi si legge esplicitamente “si è sbagliato nel creare un genitore prevalente”; tuttavia, di questa “prevalenza”, così come di una qualsiasi differenza dei ruoli, non c’è traccia. Anzi. Il rapporto di convivenza del figlio con ciascuno dei genitori, precedente alla maggiore età è considerato irrilevante.

L’intera storia che precede la maggiore età sparisce. Ai fini del mantenimento il figlio “nasce” giuridicamente il giorno del suo 18º compleanno e la sua storia futura si svolgerà “a prescindere”.

Si è lontani anni luce da quella sorta di intoccabilità dei “diritti acquisiti” dai genitori.

Il principio, ripetutamente sottolineato dall’ordinanza, è quello, come già detto, della autoresponsabilità e della conseguente autodeterminazione. Infine, avere restituito al figlio maggiorenne la gestione del contributo al suo mantenimento – lasciando intuire che in effetti tipicamente dovrebbero essere due, provenendo da ciascuno dei genitori – già di per sé riduce drasticamente l’interesse ad essere indicati come “genitore prevalente”, il che lascia sperare in una significativa riduzione del relativo frequente e acceso contenzioso.

In sostanza il provvedimento recentemente assunto dalla Suprema Corte rappresenta una pietra miliare nella storia recente del diritto di famiglia, collocandosi fra le tre più importanti decisioni che disciplinano l’affidamento condiviso, insieme alla 16593 del 2009 – che affermava l’irrilevanza della conflittualità tra i genitori ai fini dell’applicazione dell’istituto – e la 23411 del 2008 che, sia pure a denti stretti, riconosceva la priorità della forma diretta del mantenimento e la residualità dell’assegno.

Non resta che augurarsi che non seguano ad esso letture distruttive ma, al contrario, rappresenti uno stimolo per allargare ulteriormente il numero dei tribunali che danno costantemente della riforma del 2006 una fedele lettura.

In attesa che il Parlamento consegni al paese una sua inequivocabile e definitiva formulazione.